Sicuramente non sarà più come prima. Ce lo diciamo da un pò di tempo e lo constatiamo quotidianamente. Questo periodo, ormai lungo ventiquattro mesi, di Pandemia, ci sta proiettando in una dimensione che in certi momenti pare risultare persino surreale.
Non so se capita anche a voi. Pare di vivere in un mondo, in un contesto, che non è più il nostro; quello a cui eravamo abituati. E’ come se ci trovassimo catapultati su un pianeta diverso dalla “madre” Terra; un pianeta abitato da esseri per lo meno “strani”, o magari estraniati, quasi non presenti. Ogni essere vaga per conto proprio, smarrito ed alla ricerca di certezze, abitudini, socialità, pressoché perdute.
Non intendo in questo contesto fare riferimento a vaccino si, vaccino no, utilità o meno del Green Pass. Qui bisognerebbe aprire un capitolo, anzi che dico, un’enciclopedia a parte.
Sto proprio parlando di quella che io personalmente noto come una vera e sostanziale trasformazione del nostro genere, il genere umano, negli ultimi mesi.
E’ indubbio che dopo due anni in cui il quasi unico messaggio, la pressoché esclusiva notizia, la parola più utilizzata ed abusata sia risultata il “Covid”, ognuno di noi sia da un lato assuefatto e dall’altro rassegnato all’accettazione di uno stato di essere e di vivere con una realtà entrata a far parte del nostro quotidiano e dalla quale riteniamo inevitabile non poterci ormai più distaccare al punto che sempre più insistentemente si parla di “convivenza”.
E l’economia; i nostri investimenti, i nostri patrimoni, ciò che ci siamo messi da parte in tanti anni di lavoro e risparmi faticosi, come ne risentiranno; che fine faranno.
Constatiamo come ormai si parli apertamente di “capitalismo post pandemico”. Probabilmente i “grandi saggi” gli economisti prestigiosi non hanno ancora neanche loro idea di dove siamo diretti.
Ciò che però possiamo anche noi constatare è che questa Pandemia ha, o probabilmente sta ancora, effettuato una selezione settoriale di attività, imprenditoriali e commerciali destinate ad avere un futuro rispetto ad altre che invece sembrano ormai relegate ad un passato per il quale dobbiamo rassegnarci.
Sembra quasi che dopo anni ed anni di crescita globale dei mercati e delle economie a livello planetario, favorita da una situazione di tassi bassi come non mai, addirittura “negativi” e da una immissione di liquidità senza precedenti da parte di quasi tutte le banche centrali a livello universale, sembra quasi dicevo, che il Covid sia arrivato per “raffreddare”, “smorzare”, “ rallentare” questo motore sovra riscaldato, chissà magari prima che arrivasse ad incepparsi. Una sorta di, da alcune parti auspicata, “decrescita”.
Per cui vediamo difficoltà in settori pur importanti come quello dell’intrattenimento, del turismo, dell’accoglienza alberghiera, dei viaggi, ecc. tutti “settori merceologici” che in un Paese come il nostro significano miliardi di €uro di fatturato unitamente a migliaia di posti di lavoro oggi in parte a rischio.
Paradossalmente la presunta ripresa post pandemica è quasi più lenta dei volumi globalmente prodotti e movimentati durante il primo lockdown della primavera di due anni fa. E perché questo. Perché ci si è accorti, un pò tardi, che le fonti di approvvigionamento energetico non sono eterne ed infinite e che inoltre la parte consistente delle stesse è quasi esclusivamente a disposizione di determinati paesi e società estrattive e produttive di energie che possono permettersi di fare il bello ed il cattivo tempo tenendo appesi ad un filo di pseudo ricatto gran parte dei paesi manifatturieri e senza materie prime come il nostro.
Per cui l’aumento smisurato dell’energia, sotto forma di elettricità e di gas, non è soltanto più una prospettiva, ma un’assoluta certezza che ci toccherà da vicino nei prossimi mesi.
Se l’impatto sarà già particolarmente duro per le utenze domestiche, immaginiamo ciò che accadrà per tutte le realtà produttive per le quali il prezzo delle materie prime e delle fonti energetiche necessarie per l’implementazione della loro produzione, risulta tra le principali voci sulle quali far quadrare i bilanci ossia l’indicatore che misura la convenienza o meno di fare un determinato lavoro e mestiere.
L’impatto sarà ovviamente particolarmente grave e “greve” sull’occupazione e non sarà semplice inventarsi nuovi lavori che permettano di far “transitare” masse cospicue di neo disoccupati verso un qualcosa ancora particolarmente nebuloso.
Certo lo Stato, quello assistenziale, è chiamato ad intervenire, ma potrà farlo fino ad un certo punto. In modo specifico uno Stato come il nostro nel quale la dissennata campagna di smisurata crescita dell’indebitamento nel corso degli ultimi quattro decenni da parte dei governi di tutte le parti, fa si che che non vi siano ampi margini di negoziabilità assistenziale.
Sicuro, diciamo probabile, l’arrivo di tanti soldi da parte dell’Europa nell’ambito del tanto citato ed ormai famosissimo PNRR Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma questi soldi non ce li danno mica gratis. Si tratta pur sempre di debiti che prima o poi bisognerà ripagare. Inoltre sembrano ormai finiti i tempi della solidarietà europea con l’allargamento delle maglie nell’ambito del patto di stabilità a cui abbiamo assistito in questi due anni di Covid.
Il neo ministro delle finanze tedesco, si è definito un “falco gentile” con ciò facendo ben comprendere che si tratta di rimettere il treno, che sin qui è andato un pò a “zig zag”, sui giusti e dritti binari di una seria “austerità”.
Ciò detto non significa sicuramente che si ci si appresti a scrivere la parola “fine”, semmai quella “cambiamento”. Modifica delle prospettive, delle visioni, delle risorse, degli investimenti, dei lavori e delle occupazioni, di tante cose insomma. Si ritroverà sicuramente un nuovo equilibrio economico; ci vorrà del tempo, ma come sempre l’essere umano sarà in grado di reinventarsi e riacquisire la giusta dimensione per preservarsi e mantenere, ove non migliorare, il proprio stato e concetto di vita. Per sé, per i suoi cari e per la comunità nel più ampio concetto. Il nostro, o se preferite il mio compito di Consulente Finanziario, è quello di “sintonizzare” insieme a Voi nel corso del tempo che verrà, mesi, anni, le indicazioni che riceviamo dagli analisti, dai mercati, dalla stessa evoluzione dei prodotti di investimento, le nuove e “diverse” opportunità di riqualificazione dei patrimoni finanziari che più che mai nei prossimi anni, non potranno permettersi una staticità di medio-lungo periodo. Occorre vigilare e, sempre compatibilmente con il proprio profilo di rischio nonché rispetto alle proprie singole aspettative, dare corso in modo riflessivo, sereno non certo schizofrenico, a quelle correzioni ed accorgimenti che man mano si dovessero rendere necessari per cavalcare tutte quelle novità, le quali, non dimentichiamolo, costituiscono anche e soprattutto delle “opportunità”.
Sono ancora più convinta di prima che poter camminare a fianco, Cliente Investitore/Consulente Finanziario, costituisca un valore aggiunto fondamentale per un costante monitoraggio del proprio personale progetto di investimento.
Un “valore aggiunto” alla cui formulazione contribuiscono entrambe le figure: da un lato il Cliente che conosce se stesso, le sue aspettative, i suoi progetti; dall’altro il Consulente Finanziario con la sua professionalità costruita, aggiornata ed integrata negli anni camminando insieme al proprio Cliente lungo un tragitto sin qui più o meno lungo a seconda dei casi, che ha come obiettivo l’impostazione di un percorso condiviso senza vincoli temporali per il futuro e con l’intento di garantire il più possibile un’auspicabile “serenità” dal punto di vista finanziario patrimoniale al proprio Partner-Cliente.