Dalla drammatica vicenda israelo-palestinese che stiamo, inermi, tristemente rivivendo in queste settimane, si devono indubbiamente trarre oltre che delle immaginabili conseguenze geopolitiche, non ultime delle implicazioni economiche e finanziarie di una notevole rilevanza.
Diamo ovviamente per scontate le priorità di natura “umana”: i lutti ed il dolore generato su tutti i fronti, le distruzioni, le migliaia di morti e le altrettanto migliaia di persone in fuga dalle bombe e dalla devastazione.
Non è mio compito in questo contesto soffermarmi su ciò che è “politica” e “diplomazia”, ma desidererei limitarmi ad un, per quanto crudelmente “asettico”, ed ahimè, inevitabilmente parziale, esame dei potenziali impatti in termini economici e finanziari.
E’ per altro noto come le guerre non abbiamo né vinti né vincitori, ma soltanto perdenti su tutti fronti.
Le guerre ed i conflitti in Medio Oriente hanno storicamente avuto un impatto significativo sui mercati finanziari globali, in particolare sul prezzo del petrolio e sulle attività facenti riferimento alle risorse energetiche.
Tuttavia, l’impatto preciso dipende da diversi fattori tra cui l’entità dell’evento bellico e la stabilità della regione che potrà risultare più o meno compromessa a seconda dell’allargamento o non allargamento del conflitto, in termini diretti ed indiretti, ad altre nazioni e “fazioni”.
Anche in questo contesto specifico Medio Orientale, e “da” questa nuova guerra, possono derivare non soltanto problematiche in ambito economico, ma, come sempre, anche opportunità.
Per questa ragione è fondamentale essere accompagnati per mano dal proprio Consulente Finanziario in un simile contesto, al fine di poter individuare e selezionare le scelte più opportune e confacenti alla specifica congiuntura, evitando l’irrazionalità provocata dal panico e l’eccessiva concentrazione sul sensazionalismo senza il quale stampa e televisioni non riuscirebbero a catturare l’eterna attenzione delle loro “vittime” lettori e ascoltatori.
Sarà un concetto cinico, ma sarebbe ipocrita asserire l’opposto.
Questo conflitto potrebbe minacciare la produzione e la distribuzione di petrolio nella regione creando come conseguenza un aumento del prezzo del greggio a livello globale.
Da qui ad un incremento dei costi per le imprese ed i consumatori il passo è breve.
Per quanto sopra i Paesi produttori di petrolio potrebbero sperimentare un’instabilità politica ed economica e la contemporanea riduzione delle estrazioni.
A loro volta i mercati azionari potranno risultare coinvolti in una maggiore volatilità, che di per sé non è una parolaccia. Significa alti e bassi con settori potenzialmente “stressati” dagli eventi ed altri per contro “favoriti” e pertanto facendo scattare da parte dei gestori attivi tutti quei movimenti di investimenti e disinvestimenti che potranno costituire l’ottima base per la realizzazione di interessanti ritorni nella giusta proiezione temporale.
Se da un lato è verosimile una debolezza delle valute locali dei Paesi direttamente coinvolti nel conflitto e, per conseguenza, una uscita di capitali da questi Paesi verso altri lidi senza problematiche di instabilità politica,
dall’altro lato sarà altrettanto vero che si assisterà ad un rafforzamento delle divise considerate “di riferimento” come ovviamente il dollaro americano in primis.
Lo stesso dicasi per i “Paesi” rifugio che continuano a risultare i soliti Stati Uniti, Svizzera, Lussemburgo e la solita banda dei “pochi”, ma molto noti.
A livello settoriale, senza addentrarci in micro esami ci basti immaginare le potenziali difficoltà causate al turismo ed al commercio nelle aeree interessate.
Sul fronte opposto si dovrebbe assistere ad una rivalutazione dei corsi azionari delle aziende dei settori della difesa e della sicurezza che potrebbero riscontrare un aumento dei profitti a causa di una maggiore domanda da pare dei paesi coinvolti nell’evento bellico.
Si tratta di considerazioni, mi rendo conto, “volutamente” ciniche ed asettiche che si limitano a considerare i meri e crudi risvolti ed impatti di natura economico finanziaria che questa, come tendenzialmente ogni tipologia di guerra, possono causare.
Non mi sembra neanche il caso, per quanto ovvio, di ribadire che la sottoscritta in primis, ma ognuno di noi, non può che volere solo ed esclusivamente la pace ed il rientro nel dialogo e nella mediazione finalizzate all’immediato cessate il fuoco ed il ritorno alla normalità sin da ora-immediatamente-subito.
Il nostro primo umano e sincero desiderio è la fine della sofferenza, delle fughe, degli strazi e lutti da su ogni fronte.
Da investitori e consulenti è però importate comprendere che la situazione è complessa e mutevole. Gli investitori spesso reagiscono in base alle notizie ed alle aspettative del momento, del breve, brevissimo termine. Gli eventi politici, economici e diplomatici possono cambiare repentinamente l’andamento dei mercati finanziari.
Pertanto è fondamentale oggi più che mai seguire da vicino gli sviluppi ed avere al proprio fianco un Consulente Finanziario che fornisca gli strumenti ed i dati adeguati finalizzati ad assumere decisioni sugli investimenti puntuali e confacenti alle aspettative di ognuno.