Eccoci qua. Stiamo rapidamente scivolando verso il mese di Marzo. Come sempre ci diciamo: “sembra ieri che…era Natale, portavo i pantaloni corti, andavo in vacanza coi genitori, ecc.”
Ma, ahimé, il tempo scorre, così come scorrono le giornate dei mercati finanziari e come si barcamena l’economia a livello planetario.
Ciò che parrebbe contraddistinguere ormai in maniera evidente questo “nuovo tempo” è il venir meno della globalizzazione, quel fenomeno per il quale le economie, le abitudini, i modi di vivere e di comunicare si sarebbero dovuti intrecciare tra i vari Stati ed i continenti, uniformando, quando non appiattendo, le differenze, anche le più auspicabili e costruttive tra i vari popoli.
Abbiamo ripreso a ragionare “a zone”, a regioni: la nostra vecchia Europa, l’Asia con la Cina in testa, ma non vista da sola, ma piuttosto quale parte integrante di quel continente; gli Stati Uniti d’America poco restii a cedere il podio di prima potenza economica mondiale e men che meno quello della supremazia tecnologica sul Paese del Dragone. La Russia, messa da parte, scartata per un insieme di ragioni tra cui sicuramente la guerra d’invasione all’Ucraina. Una Russia che fa anche a meno dell’Europa; pressoché indifferente alle pesanti sanzioni economiche imposte da Bruxelles e che ha trovato e rafforzato vecchie alleanze e partnership non sempre particolarmente favorevoli e benigne nei confronti di noi occidentali.
Noi, del resto, abbiamo riaffermato la nostra fedeltà ed amicizia al salvatore americano, girando le spalle ad una realtà più vicina tanto geograficamente quanto culturalmente.
Benefici per noi ? Vedete un pò. Prima bastava un tubo per portarci il gas in casa dopo aver percorso poche centinaia di chilometri. Ora il gas lo facciamo venire in nave, liquefatto, dall’America, e dopo aver navigato per qualche migliaio di chilometri lo dobbiamo ritrasformare in “gas naturale” e tutto questo col risultato di averne quasi raddoppiato il prezzo.
Probabilmente il più contento di tutto ciò è proprio il gas che si fa delle stupende crociere che prima neanche si sarebbe immaginato !
Da qui, o più correttamente, anche da qui, inflazione, aumento dei prezzi e, soprattutto, aumento dei tassi di interesse, causa di tanti dibattiti ed infinite discussioni tra economisti, analisti, banchieri.
A questi ultimi, i banchieri appunto, è andata benissimo. Basti vedere i risultati e gli utili soltanto delle due più grandi banche italiane e ci si può rendere conto di come l’incremento di prezzo della loro materia prima, il denaro appunto, abbia favorito lo sfondamento di margini di profitto che non si vedevano da anni.
Quei famosi mercati finanziari sono lì che attendono con trepidazione che questi tassi scendano; anzi, vivono esclusivamente con quella aspettativa.
Mi spiace deluderli, ma sono sufficientemente convinta che una riduzione consistente dei parametri del costo del denaro non sarà immediata e non sarà nei termini che gli operatori si attendono.
In altre parole, non torneremo più, probabilmente per decenni, ad un costo del denaro vicino a zero o poco più. Possiamo scordarci mutui a tasso fisso all’uno virgola. Tutto questo fa parte di un’altra epoca; di un’epoca di distorsioni che avrebbe avuto la funzionalità di spingere ed agevolare una crescita economica che a ben vedere, a ben leggere i dati dei vari PIL, principalmente dei Paesi europei, non c’è stata.
C’è stato invece un aumento considerevole del debito, questo sì a livello globale per far fronte, tra le altre cose, a quell’importante e grave “intoppo” che fu la pandemia, durante la quale i governi dovettero massicciamente intervenire per sostenere i loro sistemi produttivi, economici e sociali.
Certo quando si tratta di far debiti risulta agevolato quello che non ne ha o per lo meno non troppi. Del caso nostro, italiano, magari ne parleremo a parte. Sappiamo tutti del valore del debito nostrano; che esso rappresenta oltre il 140% del PIL nazionale.
A nostro favore il fatto che siamo, anche se un pò meno di un tempo, dei grandi risparmiatori; pertanto esistono buoni fondamentali per sostenerlo ed inoltre il “nostro” debito è ormai per più del 70% nelle “nostre” mani, per cui all’estero gliene frega un pò meno di come siamo messi rispetto ad alcuni anni or sono.
Ma l’economia come va al di là delle mie dissertazioni ?
Benino si potrebbe dire. Come sostenevo però precedentemente, è opportuno fare delle distinzioni da zona a zona.
Benino significa che le varie “crescite” non sono poi particolarmente eccitanti. Basti pensare a quella italiana prevista a + 0,70% per quest’anno.
Non tanto meglio la crescita globale europea con qualche punto interrogativo in merito alla questione tedesca.
Questo strategico Paese che di per sé costituisce l’ossatura portante dell’Europa e di cui il nostro Paese è un partner fondamentale nel senso che la salute della nostra economia dipende infinitamente dalla salute di quella tedesca, è di una testardaggine assurda ed incomprensibile.
La Germania non cresce perché non spende. Un Paese che potrebbe tranquillamente mettere mano al portafoglio, perché ha i conti più che in ordine, l’unico probabilmente dell’Unione Europea, è ossessionato dal timore di “guastare” questi conti al punto da rinunciare a soccorrere la propria economia in un momento di bisogno.
E’ come se una madre non desse il latte al proprio bimbo debilitato con la motivazione che deve conservarlo per tempi peggiori !
Questa ossessione teutonica sta costando particolarmente cara in primis ai tedeschi e subito dopo a tutti coloro che con la Germania hanno a che fare. Pensiamo alla nostra manifattura ed alla nostra industria esportatrice.
Dall’altro lato dell’Atlantico troviamo gli USA.
Qui la questione è girata al contrario rispetto a quanto vive la Germania e, per diretta conseguenza l’Europa.
Gli USA, in base ai dati dell’ultimo trimestre 2023, hanno evidenziato una crescita superiore alle aspettative. Il che è una buona notizia. In effetti negli Stati Uniti stiamo assistendo ad una crescita “buona” accompagnata da un’inflazione bassa.
A differenza dei tedeschi gli americani non hanno così timore di spendere ed emettere note di debito pubblico e lo fanno in una misura che a questo punto di potrebbe quasi definire spasmodica.
Si calcola infatti che mediamente il Tesoro Americano emetta qualcosa come dieci miliardi di bond “al giorno” a sostegno della propria crescita e dei propri bisogni e della propria economia. Ripeto, dieci miliardi di dollari di debito ogni giorno.
In altri termini si potrebbe dire che un dollaro di crescita americana costi al contribuente molto più di un dollaro di debito.
Naturalmente i debiti oltre che da ripagare a scadenza sono da remunerare nel durante mediante cedole i cui interessi, per quanto prima evidenziato a proposito dei tassi, sono cresciuti non poco negli ultimi anni.
Probabilmente una sana via di mezzo tra tedeschi ed americani costituirebbe una buona metodologia.
Continuando a ragionare “a zone” si potrebbe dire che quella del continente asiatico sia una bella storia.
A partire dal Giappone che dopo decenni da bella addormentata ha finalmente ritrovato il principe in grado di far ritrovare al Paese del Sol Levante la giusta strada per farsi ritenere dagli investitori internazionali una meta su cui puntare e tornare ad investire.
La Cina. Tutt’altro che deludente come qualcuno potrebbe immaginare. Continua a crescere a ritmi di oltre il cinque per cento all’anno che non è per niente poco.
Dal gigante asiatico non vedremo più i numeri che ci eravamo abituati a vedere alcuni anni fa, a doppia cifra in termini di incremento di PIL un anno sull’altro.
Questo non interessa più le autorità cinesi il cui fine è quello di “spalmare” la formazione di ricchezza che sin qui si è concentrata nelle mani di pochi, nella maggior parte del tessuto sociale del Paese per poter mettere in grado il più alto numero possibile di cittadini, non soltanto nelle enormi aree urbane, ma anche e soprattutto nelle lontane campagne, di accedere ad un graduale e sostanziale benessere che a suo volta non potrà che incrementare e far crescere la ricchezza del Paese.
In questo contesto le autorità cinesi hanno messo mano ad una serie di provvedimenti volti a calmierare e tranquillizzare i mercati. La loro intenzione è fondamentalmente quella di far ritornare il loro Paese un’entità “investibile”.
Tra i principali provvedimenti adottati vanno inquadrate tutte le normative che ha fatto rientrare nella governance centrale il real estate, l’immobiliare, un settore che da solo rappresenta il 30% del PIL del Paese e che avrebbe potuto risultare argomento deviante alle intenzioni di riequilibrio sociale da parte del Partito Comunista.
La contrazione dei tassi di interesse e l’accessibilità dei mutui a nuovi attori della classe media ha condotto ad un calmieramento dei prezzi delle unità abitative evitando per certi versi la formazione di una pericolosa “bolla”.
Inoltre la Cina non conta esclusivamente più sul commercio estero e sulle esportazioni per crescere; come dicevo prima, il riposizionamento delle disponibilità a favore della più gran parte possibile della popolazione, punta sempre più sulla crescita interna e sull’interscambio preferibilmente con la regione Asiatica.
A quanto sopra la Cina è stata in parte costretta a causa dei pesanti dazi sulle esportazioni a suo tempo imposti dall’amministrazione Trump e che quella del presidente Biden non ha sostanzialmente modificato.
Alla fine queste ritorsioni hanno costituito un boomerang per gli Stati Uniti. La Cina era il principale acquirente di debito pubblico USA sin dal 2008 ed è arrivata a detenerne per oltre 1300 miliardi di dollari. Il “disimpegno” cinese nei confronti degli americani ha fatto scendere questa esposizione a meno di 800 miliardi di dollari e la vendita o non riacquisto di Treasury americano da parte di Pechino continua, liberando con ciò risorse per la propria crescita ed il proprio sviluppo interno.
Segno ulteriore della relativa salute finanziaria ed economica della Cina è che il Paese è diventato un partner commerciale per il 75% delle economie del mondo con una concentrazione di scambi all’interno dell’area asiatica.
Il Renbimbi, la moneta cinese ha ormai superato l’Euro come seconda valuta di scambio più utilizzata al mondo.
Sostanzialmente la Cina sta mostrando al mondo la possibilità di mettere in essere un modello di crescita, ma specificamente un modello di crescita “alternativo” a quello occidentale. E con ottimi risultati.
Si tratta dunque di un mondo con diverse sfaccettature e con altrettante opportunità da saper cogliere così pure, va da sé, potenziali “intoppi” da saper evitare.
Certamente si tratta di un viaggio interessante da intraprendere ogni giorno con una buona guida come può essere quella del proprio Consulente Finanziario.
In questo caso più che mai, il fai da te non paga !